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Warax

In un luogo immaginario che alcuni potranno riconoscere sorge una megalopoli da cui, in un ufficio prestigioso, un uomo, Ed Ted Warax, organizza e complotta a che la Macchina della guerra non si fermi. Intanto un gruppo camuffato da migranti si infiltra nella città immensa e sono pronti a tutto per far parte del sistema.
Da qualche parte alla periferia dell’Impero, forse in un futuro prossimo e in un passato recente, un essere senza nome ma con un numero di serie cerca di sfuggire a un paesaggio in cui una serie di armi di distruzione di massa sono state usate mentre un commando di forze speciali si ritrova ad essere braccato mentre partecipa a una caccia folle a depositi di armi di distruzione di massa che però sembrano non esistere.
Qualcuno ancora alla guida di un’auto rossa si prodiga per avere una promozione in un network in una prosecuzione di una frenesia chimica inestinguibile. Anche soltanto per raccontare la trama di questo romanzo di Pavel Hak serve accettare di star accedendo a un flusso di immagini continuo, veloce, violento e iperstimolato.

Seguiamo l’orda tra le rovine della città, rivediamo più volte i corpi dei nostri soldati, sempre più disfatti, sempre più degradati. L’arrivo di una onda di indigeni ci costringe a ripiegare… … Non riusciamo più a muoverci normalmente in questa zona. -Bunker, ripete Tom Awaks in testa al gruppo. E non sappiamo più se intende l’obiettivo da raggiungere o la realtà materiale che intravede tra le nubi tossiche davanti a noi.

“Warax”, una qualche crasi tra War e Vorax, è un thriller d’azione allucinato che forza le storie che gestisce verso un weird riuscito e competente. In questo teatro che lo scrittore organizza gli attori sono figure che lettore e lettrice, oltre il nome, riconosce. Sono il Signore del mondo, un Patrick Bateman senza salvataggi o deliri, vittime che aspirano a diventare carnefici e ingranaggi, l’operatore di operazioni speciali assediato dall’orda, il postumano dopo l’ennesimo grande inganno. Questo teatro, di ombre, figure, marionette, è l’Occidente se fosse qualcosa di semplice, senza redenzione dopo l’inescusabile menzogna del casus belli per l’ultima invasione dell’Iraq. Per quanto il sottotesto è simile più a un teatrino facile, la scrittura, la forza, di questo romanzo è indiscutibile. Come quasi un Cyclonopedia semplificato incontra American Psycho, questo “Warax” è un po’ la chicca sconosciuta che riesce a sorprendere.

Antonio Vena